
Manuel Frattini, entrato nel cast di Priscilla, racconta a Rivista Musical! lo spettacolo e il percorso per diventare Bernadette: il provino, l’ispirazione, il lavoro sul personaggio, l’entusiasmo, la paura, il rispetto
di Ilaria Faraoni
L’amatissimo Bus rosa di Priscilla, il musical di Stephan Elliott e Allan Scott, sta per tornare nei teatri, con la regia italiana di Matteo Gastaldo (sulla regia di Simon Phillips). Cristian Ruiz e Mirko Ranù riprendono i ruoli già interpretati in passato di Tik/Mitzi e Adam/Felicia. Grande novità è la new entry, a sorpresa, di Manuel Frattini, che abbiamo intervistato a due settimane dal debutto e che ringraziamo della grande disponibilità, nonostante le prove ancora in corso.

Manuel, come sei arrivato a Priscilla?
Sono arrivato a Priscilla con un fantastico provino! Lo spettacolo lo avevo visto in precedenza e mi aveva entusiasmato molto, così come aveva entusiasmato tanto pubblico, al suo debutto. Quando ho saputo che il ruolo di Bernadette era ancora vacante mi son detto: «Vuoi vedere che può essere una buona occasione?». Devo dire che sono felice di essermelo conquistato con questo iter, perché ammetto e comprendo che, chi mi conosce artisticamente, possa avere una perplessità nell’immaginarmi in quella parte. Perciò è stato davvero indispensabile, anche per me, mettermi alla prova e fare il provino che, come si dice, ho vinto… ed eccomi qua!

Hai avuto paura di presentare un Manuel Frattini così diverso da quello che il pubblico ha visto e amato finora?
HO paura di far vedere un Manuel Frattini diverso, perché il debutto ancora non c’è stato. Sono particolarmente sensibile in questo momento, perché mi rendo conto, come dicevo, che ci possano essere della perplessità nell’immaginarmi in un ruolo così diverso. Non si tratta soltanto di sdoganare un nuovo personaggio: interpretare Bernadette significa cambiare totalmente pelle e, per chi fa il mio lavoro, questa è la cosa più stimolante e più bella che ci possa essere. È una sfida, un mettersi alla prova; cambiare. La voglia di fare qualcosa di nuovo c’è sempre, ma qualcosa di così nuovo non lo immaginavo come battesimo per un cambiamento. Devo dire, però, che mi sto divertendo molto, perché sto anche scoprendolo, questo personaggio. È complesso, con molte sfaccettature; si confronta con i suoi due compagni di viaggio, che hanno età diverse e quindi anche esperienze e un vissuto differenti, alle spalle… C’è veramente tanto in Bernadette.
Poi io sono molto rispettoso nei confronti del pubblico, di un nuovo lavoro in generale, e di questo lavoro: ci entro in punta di piedi, consapevole del fatto che Priscilla è un cult, è uno spettacolo cosiddetto cool, che ha già uno stuolo di fans e di seguaci che, nel tempo, hanno visto già altri attori interpretare Bernadette.
D’accordo per il cambiamento, ma sfatiamo il “mito” che tu abbia interpretato solo fiabe: perché oltre a Pinocchio, Peter Pan e Aladin, sono di più i ruoli non fiabeschi: sei stato Mike Costa (A Chorus Line), Cosmo Brown (Cantando sotto la pioggia), Gedeone (Sette Spose per Sette Fratelli), Seymour (La Piccola Bottega degli Orrori), Bobby Child (Crazy for you), te stesso (Toc toc a time for musical e Sindrome da musical) e Robin Hood (penso all’edizione del 2008) che vorrei sottolineare, è un eroe – leggendario o no – del quale si racconta già nelle antiche ballate e, successivamente, anche nei due romanzi di Dumas, per citare solo un esempio: non è certo il personaggio di una fiaba. Al contrario, in quella versione, affrontavi un personaggio con un bel tormento interiore.

È chiaro: quello delle fiabe è stato un periodo in cui ho interpretato i personaggi che mi hanno dato più visibilità, quindi mi si conosce di più per quelli. Cosa dovremmo dire di un Robin Williams, al quale abbiamo visto fare ruoli diversissimi, dall’alieno buffo nel telefilm Mork & Mindy, a Mrs. Doubtifire, a ruoli drammaticissimi?
In Italia c’è l’abitudine a catalogare le persone, etichettarle, senza comprendere che chi fa questo lavoro può, anzi, deve avere la possibilità e la capacità, se poi ci riesce, di entrare nei panni di chiunque. Certo, nel caso di Priscilla è un lavoro grosso, perché non devo fare la caricatura della donna, devo cercare di essere una donna, quindi è sicuramente difficile.
Il fatto che questa scelta sorprenda così tanto è perché, probabilmente, c’è proprio quella visione di me così forte, così concreta, così a fuoco, che è difficile dimenticare, ma questo mi va bene, ci sta… Mi spiacerebbe, invece, se si parlasse di physique du rôle: Bernadette non richiede un physique du rôle particolare; non si può dare un’identità fisica a dei ruoli che non ne hanno. Sono molto d’accordo nel leggere commenti di persone che sono curiose di vedere, prima di farsi un’idea. Se capitasse a me, di essere sorpreso dalla scelta di un determinato artista per un determinato ruolo, sarei semplicemente curioso di vederlo in scena.
Comunque Bernadette è davvero un ruolo che potrebbe avere qualsiasi tipo di fisicità. Lasciamo da parte il luogo comune della donna che deve essere, magari, minuta… io mi sono anche asciugato molto in questo periodo e ho scoperto di avere delle belle gambe (ride, N.d. R.), me lo dicono le sarte che mi vestono. E pensare che ho sempre sentito la necessità di coprirle: quando ho saputo che sarei stato Pinocchio, all’epoca, ero terrorizzato, perché già mi immaginavo col pantaloncino corto! Certo, non avrei mai pensato di doverle mostrare in questo modo!

Le difficoltà maggiori che hai incontrato nel costruire Bernadette quali sono state?
Intanto dare un equilibrio a questo personaggio, che la gente ricorda subito come pungente. Lo spettacolo, devo dire, è scritto molto bene. Bernadette è una persona che ha fatto un cambiamento importante nella sua vita: ha scelto di diventare una donna; è cresciuta ispirandosi alle dive del cinema di una volta e ha come esempi Greta Garbo, Bette Davis, tutta quell’epoca… questo è l’aspetto di Bernadette a me più vicino, perché ho un’ammirazione spropositata per quei personaggi, per quegli anni.
Come faccio solitamente quando preparo uno spettacolo, se esiste già una versione cinematografica, non vado a rivederla, perché mi piace pensare di trovare delle soluzioni mie, o di farmi suggerire o indicare delle vie da seguire da chi mi dirige. Anche in questo caso, perciò, non ho rivisto il film di Priscilla. Ho invece, per esempio, rispolverato il film Eva contro Eva, per osservare tutti gli atteggiamenti, le movenze, la fisicità di una diva di quel tempo, come Bette Davis: con tutto il rispetto, ovviamente, l’immagine vuole essere un po’ quella, perché è una donna matura.
Quello che non devo fare in questo spettacolo, dopo che per così tanti anni sono stato abituato ad un certo tipo di fisicità, di movimento, di energia, è cadere nella mia comfort zone, sarebbe l’errore più grande. Perché io metterei l’energia che ho sempre usato, perché quella per me è necessaria per rendere. Ma con Bernadette non posso, sarebbe un errore tremendo!

Il lavoro difficile è trovare la naturalezza senza esasperare la femminilità. Interpretare Bernadette non è fare la macchietta o il travestito: è un’altra cosa ancora. Una donna non deve essere per forza rappresentata con il polso spezzato e le moine. Poi, ovviamente, devo ricorrere a delle movenze che più rappresentano una donna, è il mio unico mezzo e lo sto cercando dentro di me. Sicuramente il fatto di essere un ballerino mi dà una consapevolezza e una conoscenza del mio corpo che mi aiutano nell’essere più aggraziato, nel cercare la femminilità nei gesti, senza però esasperarli. Non devo fare la caricatura di una donna, come dicevo prima. Devo, al limite del possibile, essere credibile e vorrei che ad un certo punto il pubblico dimenticasse che in realtà sono io… voglio dire: un uomo.

È un’impresa che mi spaventa tanto, sono terrorizzato, ho bisogno di conferme, di farmi dire se sto andando nella direzione giusta, perché sento il carico di una responsabilità come mai prima d’ora. Mi sento al debutto, ma non di un nuovo spettacolo: mi sento davvero al mio primo debutto.
Ho questo bel mix di terrore e di entusiasmo che devo far evolvere e trasformare a mio favore, perché la voglia di fare questo ruolo è tanta.
Chi mi conosce sa che non do mai niente per scontato, perciò sento molto la responsabilità, non voglio deludere il pubblico.
Tornando al discorso del provino: erano vent’anni che non ne facevo uno, ma non è che avessi dimenticato cosa volesse dire affrontarli. Non posso neanche rimproverarmi il fatto di non averne più sostenuti: le cose sono andate in un certo modo, sono stato sicuramente fortunato, perché, da un certo punto in poi, si è pensato di coinvolgermi in spettacoli che si pensavano già giusti per me. Ma l’idea di rimettermi in gioco in questo modo mi ha shakerato, anche perché ho deciso di andare a fare il provino vestito ad hoc. Ho scelto di presentarmi sì senza trucco, ma in tacchi e vestito come una signora elegante: mi sono trovato vestito così, davanti a persone che non avevo mai visto prima. Ho dovuto superare, quindi, anche una sorta di imbarazzo, anche se non ci sarebbe dovuto essere, perché stiamo parlando di teatro; prima o poi in quel modo mi avrebbero dovuto vedere; prima o poi mi sarei dovuto vestire, truccare… quindi è stata un’esperienza veramente utile, indispensabile.
In un tuo spettacolo dicevi: «Ogni provino sono dieci anni di vita!».
Sì, è vero! Perché ne ho fatti tanti e so benissimo cosa voglia dire. Ti metti in gioco, quindi sono tornate tutte quelle sensazioni. Ma non sarei stato così soddisfatto, se non avessi fatto il provino!
Prima hai citato Bette Davis e infatti, prima dell’annuncio ufficiale, ho visto che hai postato sui tuoi social proprio la sua immagine. Vedendola mi ero chiesta come mai ti fossi ispirato proprio a lei, tra le tante…

Perché corrisponde al ricordo della prima visione di Priscilla… Ovviamente va riportata ad anni diversi, ma l’immagine è quella. Bernadette è rimasta legata a quel periodo, il look che adora è quello, vuole avvicinarsi il più possibile a quell’epoca, a quello stile. Mi viene un po’ da sorridere nell’usare il termine “sobria”, perché la sobrietà di Bernadette è comunque fatta di un po’ di leopardato, di un completo safari con le fasce in testa, di capelli estremamente curati, di smalto sulle unghie… ma rispetto ai due compagni di viaggio, che fanno di mestiere le Drag Queen, lei è sempre piuttosto chic, elegante. È la sua follia.

Proprio a questo proposito: se avessi potuto scegliere, avresti comunque voluto interpretare Bernadette o ti sarebbe piaciuto fare, ad esempio, anche un personaggio come Tik?
No, no… Io sono arrivato all’ultimo, last minute, ma devo dire che Bernadette sarebbe stata proprio quella che avrei scelto se ci fossero stati i provini ora. Avrei pensato a lei sicuramente anche per un fatto di età e perché sono più vicino alla sua esperienza, piuttosto che a quella di un Tik, che ha una storia ben diversa. Tik è un uomo che è stato sposato in passato, che ha un figlio. È estremamente affascinante anche quel personaggio, però io sono un single, sono solo, quindi anche proprio a livello di esperienza personale, sicuramente Bernadette è quella che poteva essere un pochino più vicina a me.

Una domanda banalissima: come ti stai trovando a ballare sui tacchi?
Guarda… ho iniziato le prove il 12 novembre e non sono ancora sceso dai tacchi, li tolgo solo quando torno a casa. Mi rendo conto non solo della difficoltà di abituarsi a camminare sui tacchi, ma anche di quanto siano indispensabili: è come indossare un costume. Quando prepari uno spettacolo, la prima volta che lo indossi, il costume ti veste in tutto e per tutto e condiziona anche la tua fisicità. Era indispensabile fare le prove sui tacchi, perché è anche attraverso quelli che cerchi l’atteggiamento giusto, oltre ad affrontare la difficoltà, ovviamente. Tante donne finora mi hanno chiesto: «Ma come fai?». Molte, infatti, preferiscono stare raso terra ed ora capisco perché!
Nel film, Bernadette viene colpita da Bob perché lo riconosce come un vero gentiluomo, in un mondo in cui evidentemente ce n’erano già pochi: parliamo degli anni Novanta. Come vedi la società attuale? Siamo evoluti o involuti dal punto di vista di certi valori?
No, non ci siamo evoluti, dal punto di vista di certi valori. Mi rendo conto che, sai, in quel mondo di ambiguità, c’è anche il luogo comune, sbagliato, di pensare ad una persona transessuale in un certo modo, più sessuale. La storia inizia con il funerale del compagno di Bernadette, molto più giovane di lei, un ragazzo di 25 anni, e questo è significativo. Perché Bernadette poi s’innamora di un uomo probabilmente più grande di lei? Perché forse ha bisogno di una persona equilibrata, gentile, educata: queste qualità non devono essere necessariamente legate ad una certa fascia di età, dovrebbero essere dei pregi associabili anche a gente giovane, agli adolescenti… però forse nella maturità di Bob lei trova quello che, probabilmente, voleva fin dall’inizio: quel tipo d’uomo, un gentiluomo.
Sì, diciamo, appunto, che al giorno d’oggi la “razza” dei gentiluomini si sta estinguendo…
Sai, forse tu, come donna, puoi intuire più di me se sia così, ma io ho l’impressione di sì, che sia un po’ estinta. Poi per carità, si trovano ancora persone che hanno quel tipo di educazione e di savoir-faire e, ripeto, magari anche persone giovani, però sono – forse – veramente molto poche.
Per quanto riguarda le donne, invece, secondo te come esce la figura femminile da Priscilla? Penso agli unici tre personaggi femminili: Shirley, quella “donnona” nel bar; la moglie di Bob; la moglie di Tik. Secondo te sono rappresentative delle donne nel mondo di oggi? L’immagine corrisponde?
Guarda, non credo ci sia, anzi, sicuramente non c’è l’intento di dare un’immagine precisa alla donna, in questa storia. Trovo che ci siano tre tipologie di donne molto diverse ed anche estremamente attuali. La moglie di Tik è una donna imprenditrice, in carriera: gestisce un Casino. Per quanto riguarda la moglie di Bob, diciamocelo: quanti matrimoni di convenienza ci sono? Poi sai, sto scoprendo anche delle cose del mondo australiano (Priscilla è ambientato in Australia, N.d.R.). Le filippine amavano molto l’Australia, quindi il fatto di poter rimanere in quella terra portava alcune donne, a volte, a corteggiare uomini, forse senza amore, con lo scopo di ottenere un permesso di soggiorno: anche questo credo sia un tema fortemente attuale, perché sentiamo e sappiamo di cose del genere. Shirley rappresenta un tipo di donna ancora diverso, sicuramente lontano dall’icona femminile elegante, sexy… è una donna del tutto trascurata, con un altro tipo di fisicità. Insomma: sono tre immagini molto differenti, ma assolutamente reali.
Ti abbiamo visto in anteprima assoluta ospite, con Mirko Ranù, Cristian Ruiz e il resto del cast, al Grande Fratello Vip (i video QUI e QUI). Vorrei approfondire una battuta pronunciata da Bernadette: «L’unica vera arte è quella del playback: catturare ogni singola sfumatura nel modo giusto».

La carriera di Bernadette, nello spettacolo, è legata alla modalità classica che usano le Drag Queen, che da sempre imitano le grandi cantanti usandone la voce originale: la tradizione vuole che la Drag Queen faccia il playback. È come dare da gestire un social ad una donna di ottant’anni che forse avrebbe difficoltà a capire che invece di fare una telefonata può mandare un messaggio audio su whatsapp: preferisce fare una chiacchierata. Per Bernadette è la stessa cosa; deve fare uno spettacolo e per lei lo spettacolo si fa con il playback: ritiene assolutamente vergognoso e scandaloso che una persona usi la propria voce. Poi, sai, in Italia abbiamo meno la cultura di questo genere di spettacolo, lo si può trovare in posti specifici a differenza, per esempio, dell’America, dove ci sono addirittura serie televisive seguitissime, come quella di RuPaul, che è arrivata a non so quante edizioni. In quello show c’è tantissimo talento e viene dato grande spazio alla creatività, perché le Drag Queen che partecipano devono occuparsi di tutto, dai trucchi, ai costumi, ai loro numeri: ovviamente dal vivo. Però è qualcosa che si allontana assolutamente dalla modalità che ha sempre conosciuto Bernadette, che quindi è scossa dall’idea di non usare il playback, non la condivide.
A proposito del GF Vip: non mi sei mai sembrato molto propenso a partecipare ad un reality, ma ora che hai assaggiato l’aria della casa, compresa quella del confessionale, un pensierino al GF Vip lo faresti mai, se te lo proponessero?

È stato divertente fare quell’incursione, ma io non so come potrei convivere per un lungo periodo con delle persone, sentirei una grande pressione, quindi sicuramente di primo acchito ti rispondo che non mi sentirei a mio agio. Però in occasione dell’ospitata, proprio girando per Cinecittà, ho rivisto il set di un altro reality, Reality Circus, che ha avuto una vite breve, dove invece mi sarei fiondato! C’è reality e reality. In quello, nello specifico, avrei imparato un’arte, quella circense. Reality come il Grande Fratello sono un po’ fini a sé stessi ma, come sappiamo, poi ti regalano una grande visibilità, possono rinfrescare la tua immagine, il tuo nome, la tua carriera. Come esperienza non so; sicuramente non mi sentirei a mio agio nemmeno a dormire con tutta quella gente: sono abituato a dormire da solo.
La cosa strana di cui mi rendo conto è che ti dimentichi davvero delle telecamere. Noi abbiamo fatto delle prove, siamo stati dentro la casa più di una volta, mentre i concorrenti erano lontani e davvero, ad un certo punto, c’è questo passaggio: non hai più la sensazione di essere sotto le telecamere e vivi più o meno come vivresti nella vita, con delle persone che hai conosciuto lì, in quel momento. Questa forse è la cosa più affascinante, è un po’ come il Truman Show.
Penso sia strano anche essere staccati dalla realtà, senza telefoni, senza sapere cosa stia succedendo fuori…
Sì, esatto. Credo sia comunque un’esperienza forte, a giudicare dai commenti di chi fa questo tipo di reality, che ringrazia e parla di sensazioni nuove, di riflessioni. Non credo siano tutti pazzi: evidentemente qualcosa scatta, proprio per questo motivo.
Una pura curiosità sui tuoi gusti musicali: nel film il personaggio di Adam/Felicia è fissato con gli Abba, celebrati poi nel gran finale. Nel musical, agli Abba è stata sostituita Madonna. A quale dei due generi ti senti più vicino?
Tra Madonna e gli Abba preferisco Madonna, ma l’ho “lasciata” molti anni fa. Ho amato la Madonna degli anni Ottanta e Novanta ma, come dice Bernadette ad un certo punto dello spettacolo: «Scusate: non conoscete qualcosa di Barbra Streisand?» E lì è Manuel che lo dice, è sicuramente Manuel! Ma io cambierei la battuta ogni sera: «Scusate: non conoscete qualcosa di Liza Minnelli?», «Non conoscete qualcosa di…»
… di Judy Garland?
Sì, di Judy Garland… Ma avrei un elenco intero!
Il regista Matteo Gastaldo, presentando lo spettacolo alla conferenza stampa di giugno scorso per la stagione del Brancaccio ha dichiarato che Priscilla «Riesce a parlare della famiglia e dell’amicizia in maniera molto tradizionale, per quanto parli di omosessualità e quant’altro. Il rapporto con i figli è davvero universale, per questo mi sento di dire che Priscilla è un family show» (il nostro servizio completo QUI). Approfondiamo questo argomento?
Sì, dunque: noi siamo abituati ad associare al family show tutta un’altra serie di titoli ed io posso dire di avere vissuto l’ultimo decennio all’interno dei family show. E viva Dio che esistano! Non mi voglio sentire colpevole di averne fatti, non è una cosa negativa. Sono spettacoli a 360 gradi. È una grandissima soddisfazione pensare di fare qualcosa che è rivolta a tutti, senza dover selezionare una fascia d’età. Quindi se è stato pensato che a Priscilla si possa dare la definizione di family show, bene! Ne sono felice, perché sono convinto che questo spettacolo, con quello che racconta, potrebbe davvero aprire la mente e gli occhi ad una persona molto giovane.
In Priscilla c’è una storia di amicizia pura, non possiamo avere dei pregiudizi rispetto a chi siano e a come siano i tre protagonisti. L’amore e l’amicizia, questi affetti, questi valori, sono davvero universali.

Il tipo di linguaggio usato è quello che sentiamo quotidianamente accendendo la tv: raccontiamo un mondo che non potremmo descrivere in modo diverso. Lo spettacolo inizia, per esempio, con un’esibizione di Tik che ha due marionette tra le mani; il posto dove si sta esibendo è un “localaccio”, uno di quelli dove davvero senti anche gli insulti, i commenti… ed è assolutamente reale, non potresti rappresentare quel tipo di ambiente in un altro modo, perché è davvero così ed è giusto che venga compresa anche la difficoltà che deve affrontare chi sceglie di fare quel mestiere, che ha quella vocazione, quella passione.
Soprattutto adesso, perché sono curioso e me ne sto interessando di più, sto scoprendo e vedendo molte cose… è un mondo con una professionalità altissima e tanta creatività, c’è tanto lavoro dietro.
Bernadette, Tik e Adam hanno ognuno un desiderio. C’è chi desidera una famiglia, un figlio… Adam insegue un sogno artistico, quello di esibirsi in cima alla montagna cantando un medley di Madonna; Bernadette è alla ricerca di una serenità al fianco di un uomo, perché ha scelto di essere una donna ed è come se quell’ambiente le andasse veramente ormai troppo stretto: ha bisogno di normalità.
Credo che ognuno, nel pubblico, abbia la possibilità di riconoscersi in uno di questi tre personaggi, che rappresentano ognuno una fascia di età. C’è un momento dolcissimo, così vero, dove Tik cerca di confidare a Bernadette che ha un figlio, quindi indaga: «Hai mai pensato ad avere un figlio»?
Immaginiamo quanta difficoltà possa avere in tal senso, eppure sarebbe la persona più felice al mondo! Quante donne possono riconoscersi in questa situazione? Rincorri così tanto la tua carriera, la tua vita e quando ti accorgi che ti manca qualcosa, magari è un troppo tardi. Qualcuno lo può vivere come un fallimento.
Quello tra Tik e Bernadette è un momento veramente molto intimo, di riflessione, nel quale si possono ritrovare davvero in tanti, sia uomini che donne.
Non hai rivisto il film, ma ci sono aspetti che ti hanno entusiasmato maggiormente in una delle due versioni, cinematografica e teatrale, o differenze che vuoi sottolineare?

In generale, quando si parla di teatro, di musical, bisogna portare tutto ad un livello di spettacolarità più alto, quindi alcuni aspetti possono diventare magari un pochino più leggeri, di intrattenimento. Qui mi sembra che ci sia il giusto equilibrio: diciamo che è uno spettacolo fatto almeno all’80% di musica, ma i vari momenti di racconto sviluppano tutto quello che dicevo, certamente in una maniera un po’ più colorata, rispetto al film…
Un paragone che posso fare, è proprio su Bernadette, per esempio… l’immagine che ne ha dato Terence Stamp, che è bravissimo, è un pochino più decadente ed anche tutto il film rappresenta quel mondo in una maniera un po’ più decadente.
La Bernadette di Stamp è forse meno curata rispetto all’immagine che le si vuol dare nello spettacolo. Nel musical Bernadette cerca di essere un po’ più glamour.
Poi i mezzi sono talmente diversi, tra cinema e teatro, che alcune cose non si potrebbero neanche proporre.
Certo… poi dipende anche da tanti altri fattori, dalla regia…
Sì, dal taglio che si vuole dare allo spettacolo. Pensiamo a Cabaret, per esempio. Cabaret è assolutamente decadente ed io credo che la prima e l’ultima versione della Compagnia della Rancia siano dei capolavori. Con mezzi diversi e in anni diversi – il primo Cabaret è degli anni Novanta – viene fuori davvero la Berlino di quegli anni, quella decadenza, la vita che una ragazza come Sally Bowles era costretta a fare. Il tutto sottolineato forse ancora maggiormente dalla pseudo povertà dell’ultimo allestimento, che ho trovato affascinantissimo! In mezzo c’è stata la versione glamour.
Invita il pubblico a teatro. Chi ha amato Priscilla sicuramente tornerà. Chi invece non avesse ancora visto lo spettacolo, non dovrebbe assolutamente perderlo perché…

Perché è proprio un’iniezione di adrenalina, di entusiasmo! Credo sia molto bello pensare che possano venire le famiglie. E poi raccontiamo il tutto attraverso una compagnia fantastica. Ho due colleghi come Mirko Ranù e Cristian Ruiz… voglio assolutamente nominarli. Noi tre non usciamo mai di scena ed è veramente un lavoro pazzesco! Il gruppo di ragazzi è giovane, con un tiro incredibile, una professionalità altissima, un livello vocale da paura! Poi mi soffermerei veramente sull’intesa che ha legato subito Mirko, Cristian e me. Sono due persone meravigliose ed io parto sempre da lì, per prima cosa: dalla persona. Perché ad interagire con un artista, bravo che sia, che non sia anche una bella persona e che non abbia anche una bella anima, io proprio “nun gliela posso fa’”! Poi devo dire che mi hanno aiutato molto. Sia Mirko, sia Cristian hanno già fatto Priscilla, che per me è un mondo nuovo da scoprire, quindi mi hanno sostenuto, mi stanno aiutando tantissimo, c’è un grande affiatamento, un’empatia particolare che si scopre quando si affrontano le scene un po’ più intime, emozionali. Sono grato di avere due persone così al mio fianco!
Segue comunicato stampa con tutto il cast e le date del tour:
Foto © Cristian Castelnuovo
A grande richiesta “Priscilla La Regina del Deserto” il musical dei record! da novembre 2018 torna nei migliori teatri d’Italia.
Tratto dall’omonimo film cult ” Le Avventure di Priscilla La Regina del Deserto” – vincitore di un Premio Oscar e del Grand Prix Du Publique al Festival di Cannes – Priscilla è una travolgente avventura “on the road” di tre amici che, a bordo di un vecchio bus rosa soprannominato Priscilla, partono per un viaggio attraverso il deserto australiano alla ricerca di amore e amicizia, finendo per trovare molto di più di quanto avessero mai immaginato!
Un musical sfavillante con oltre 500 magnifici costumi, una sceneggiatura esilarante ed una intramontabile colonna sonora che include 25 strepitosi successi internazionali, tra cui “I Will Survive”; “Finally”; “It’s Raining Men” e “Go West” suonati con un orchestra dal vivo in alcune piazze della tournèe 2018
Priscilla Queen Of The Desert the Musical, è il musical australiano di maggior successo visto in tutto il mondo da oltre 6 milioni di spettatori. Vincitore di 2 TONY Awards Priscilla torna trionfalmente in Italia da novembre 2018 a marzo 2019.
CAST
TIK | Cristian RUIZ |
BERNADETTE | Manuel FRATTINI |
ADAM | Mirko RANU’ |
DIVA 1 | Arianna BERTELLI |
DIVA 2 | Natascia FONZETTI |
DIVA 3 | Alice GRASSO |
BOB | Stefano DE BERNARDIN |
CINTHIA | Arianna BERTELLI |
SHIRLEY | Alessia PUNZO |
MARION | Lucina SCARPOLINI |
MISS UNDERSTANDING | Pedro Antonio BATISTA GONZALES |
FARRAH | Jacopo BRUNO |

LE MUSICHE
· It’s Raining Men scritta da Paul Jabara e Paul Shaffe
· What’s Love Got To Do With It scritta da Terry Britten and Graham Lyle
· I Say A Little Prayer scritta da Hal David e But Bacharach
· Don’t Leave Me This Way scritta da Kenneth Gamble, Leon Huff e Cary Grant Gilbert
· Material Girl scritta da Peter Brown e Robert Rans
· Go West scritta da Henri Belolo, Jacques Morali e Victor Willis
· Holiday scritta da Lisa Stevens e Curtis Hudson
· Like A Virgin scritta da Tom Kelly e Bill Steinberg
· I Love The Nightlife scritta da Alicia Bridges e Susan Hutcheson
· True Colours scritta da Tom Kelly e Billy Steinberg
· Follie! Delirio Vano E Questo! Sempre Libera (La Traviata) di Giuseppe Verdi
· Color My World scritta da Tony Hatch e Yvonne J. Harvey
· I Will Survive scritta da Frederick J. Perren e Dino Fekaris
· Thank God I’m A Country Boy scritta da John Martin Sommers
· A Fine Romance scritta da Martine Monroe, Dorothy Fields e Jarome Kern
· Shake Your Groove Thing scritta da Frederick J.Perren e Dino Fekaris
· Pop Muzik scritta da Robin Scott
· Girls Just Want To Have Fun scritta da Robert Hazard
· The Good, The Bad And The Ugly di Ennio Morricone
· Hot Stuff scritta da Pete Bellotte, Keith Forsey e Harold Faltermeier
· MacArthur Park scritta da Jimmy Webb
· Boogie Wonderland scritta da John Lind e Allee Willis
· The Morning After scritta da Joel Hirschhorn e Al Kasha
· Always On My Mind scritta da Mark James, Wayne Thompson e Johnny Christopher
· Like A Prayer scritta da Patrick Leonard e Madonna Ciccone
· We Belong scritta da Daniel Navarro e David Eric Lowen
· Finally scritta da CeCe Peniston, E.L.Linnear, Rodney Kay Jackson, Felipe Trio Delgado
IL TOUR
BERGAMO 15 dicembre
BRESCIA 22-23 dicembre
BOLOGNA 29-30-31 dicembre
ANCONA 3-4-5-6 gennaio
BARI 12-13 gennaio
FIRENZE 18-19-20 gennaio
PADOVA 25-26-27 gennaio
TORINO 1-2-3 febbraio
MILANO dal 7 febbraio al 3 marzo
ROMA dal 7 al 31 marzo
NAPOLI dal 5 al 14 aprile
CREDITS
di Stephan Elliott e Allan Scott
Regia di Simon Phillips
Regia italiana di Matteo Gastaldo
Direzione musicale di Fabio Serri
Una Produzione All Entertainment
Biglietti in vendita su
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Per la rubrica My Favourite Things della rivista Musical! MANUEL FRATTINI PARLA DI “EASTER PARADE”