
Intervista ai tre protagonisti di Priscilla, nell’occasione del decennale dell’edizione italiana.

di Paolo D.M. Vitale
E’ giunta quasi al capolinea anche la corsa straordinaria del pullman rosa più amato di tutti i tempi, corsa organizzata per celebrare il decimo anniversario dal suo debutto italiano: Priscilla – La regina del deserto è pronta a tornare nel suo deposito e a spegnere i motori (forse) per sempre!
Per questo motivo abbiamo intervistato i 3 protagonisti di questa edizione “speciale” che poi non sono altri che gli stessi protagonisti del primo debutto nel lontano 2012: Antonello Angiolillo (Tick/Mitzi), Simone Leonardi (Bernadette) e Mirko Ranù (Adam/Felicia).

Paolo Vitale: 10 anni dal debutto di Priscilla. Un grande successo allora come oggi. Priscilla è stato un po’ uno spartiacque: in Italia possiamo individuare un pre-Priscilla e un post-Priscilla. Cosa rappresenta per voi?
Antonello Angiolillo: Precisiamo che i 10 anni sono da quando ci siano separati noi 3 da Priscilla, perché in realtà il primo vero debutto [a Milano al Priscilla Palace ndr] è stato 12 anni fa. Diciamo che abbiamo abbonato i 2 anni di pandemia. Per quanto mi riguarda mi ritengo molto fortunato perché ho sempre fatto spettacoli fantastici e Priscilla è sicuramente uno di questi. Ricordo ancora che mi avevano offerto un altro ruolo, ma io l’ho rifiutato solo perché volevo fare il provino di Priscilla senza nemmeno sapere come sarebbe andato. Però sentivo che dovevo assolutamente darmi la possibilità di provare. E infatti è stato meraviglioso: lavorare con gli stranieri, in tutta onestà, è stato molto interessante – così come lo è stato anche per “La Bella e la Bestia”- perché hanno un modo di lavorare che a me piace tantissimo, soprattutto nella gestione registica; hanno proprio un approccio diverso al dialogo con con l’attore.
Simone Leonardi: Non solo per il mondo dello spettacolo e del musical italiano, ma anche per me personalmente, esiste un pre-Priscilla e un post-Priscilla. Diciamo che Priscilla è stato lo spettacolo che per primo mi ha dato delle grandi soddisfazioni e una piccola quota di certezze in un mondo in cui si è sempre molto vacillanti. Come figura professionale, per me è stato un po’ come mettere una bandierina, come a dire “va bene, adesso indietro non si torna!”. Ecco, questo è Priscilla per me: un inizio di conferme.
Mirko Ranù: Per me è stato un sogno diventato realtà. Può sembrerà banale, però effettivamente è stato questo: un sogno diventato realtà! Quando è uscito il bando di audizione in Italia io desideravo già fare questo spettacolo e questo ruolo, perché quando ho visto il film sono rimasto folgorato da Adam. Priscilla è stata veramente una tappa fondamentale della mia vita, nel senso che ha segnato il mio percorso come persona e come artista. Del resto è un viaggio sotto ogni punto di vista, anche metaforicamente. In questi 10 anni l’avventura è continuata per ciascuno di noi e di acqua sotto i ponti ne è passata… Ma tutto questo ha fatto sì che oggi le nostre interpretazioni siano più ricche e profonde. Quando ho interpretato per la prima volta il personaggio di Adam avevo 24 anni e adesso invece mi ritrovo a essere un po’ più grande di Felicia, ma tutto quello che è successo nel frattempo e che è accaduto nella mia vita ha contribuito a donare al personaggio delle sfumature diverse rispetto a prima.

P.V.: Com’è stato il ritorno sui tacchi dopo 10 anni?
A.A.: E’ stato come andare in bicicletta! Sia nel risalire sui tacchi – nonostante quelle dell’epoca fossero scarpe fatte su misura per noi e queste no – sia in generale sulla scena, mi sono trovato subito a mio agio. La prima volta che abbiamo riprovato “True color” è stato come se non l’avessimo mai lasciata! Un’armonia precisa, perfetta, senza che avessimo fatto chissà quali grandi studi prima a casa. Quindi, veramente, è stato come andare in bicicletta.
Poi ovviamente a questa base di partenza della memoria fisica, che è tornata subito, abbiamo cercato di lavorare per metterci dentro questi 10 anni trascorsi, perché in questi 10 anni a ciascuno di noi è successo di tutto: la mia idea di paternità 10 anni fa era molto diversa da quella che ho adesso, per esempio.
Questi 10 anni hanno portato una maggiore consapevolezza nella vita e quindi anche l’interpretazione di questi ruoli, volente o nolente, ne ha “risentito”. Oggi ci guardiamo in scena con una complicità diversa e con la consapevolezza di essere ancora più complici di allora, nonostante all’epoca lo fossimo già tantissimo.
S.L.: Una cosa che ci accomuna tutti e tre è l’aver continuato a sognare i nostri personaggi. Negli anni, questo aver continuato a sognare lo spettacolo è stato un po’ come se il nostro cervello avesse continuato a elaborare la storia e i sentimenti dei personaggi: è stata veramente una cosa surreale, onirica, poter ritornare assieme su questo palcoscenico; è sembrato di rivivere un pezzo di vita passata ma col senno di poi. È stato quasi curativo, come chiudere un cerchio, un completamento. Non è stato difficile, anzi è stato estremamente automatico riagganciarsi ritrovando cose vecchie e sperimentando cose nuove.
L’unica vera difficoltà è stata il poco tempo che abbiamo avuto per riallestire il tutto: questo è uno spettacolo molto fisico e 10 anni sono passati pet tutti!
M.R.: 10 anni a sentirli tutti, non lo nego assolutamente! Il ragazzino che ero prima non c’è più. Questa differenza l’ho sentita già quando l’ho reinterpretato 4 anni fa con con Christian e Manuel, e sentivo già che c’era qualche cosa di diverso nel mio corpo, ma è normale e fisiologico, nel senso che, insomma, Adam è il più giovane, è il saltimbanco della situazione, la peste… Quindi anche da un punto di vista atletico richiede una preparazione e un’energia totalmente diverse, cose che in questo momento ci sono ancora, però, per carburare, mi ci vuole un po’ più di tempo. Per il resto è stato come riaccendere un interruttore: quando siamo entrati in sala prove è stato come averlo finito il giorno prima.

P.V.: Fra 10 anni vi piacerebbe interpretare un altro ruolo di Priscilla?
A.A.: Tolto Tick, fra 10 anni per me saranno rimasti solo Bob e Bernadette, poiché Adam posso morire già a farlo oggi! Bernadette però sì, mi piacerebbe anche adesso. È una bella prova di trasformismo estetico e interiore, quindi mi piacerebbe anche ora.
S.L.: Adesso dirò una cosa impopolare: Bernadette e io abbiamo poco in comune. Bernadette ha fatto delle scelte coraggiose nella sua vita che io non sarei mai stato capace di fare. Posso prendere esempio da Bernadette nel coraggio, nella determinazione e nella capacità di credere di avere ragione e di proseguire per la propria strada senza preoccuparsi del giudizio degli altri. Questo è l’esempio che ci dà Bernadette, il più grande. Quindi più che chiedermi che altro ruolo potrei fare tra 10 anni, mi chiedo “cosa vorrei che ci fosse oggi in me di Bernadette”.
M.R.: Magari finito il ruolo di Adam, mi aspetteranno altri ruoli. Sarebbe bello, non lo nego, il ruolo di Tick, perché secondo me è uno dei ruoli più belli di questo spettacolo. È un ruolo che, anche per età anagrafica, adesso sento molto più vicino vicino a me e non nego che forse un giorno mi piacerebbe interpretarlo, ovviamente senza voler soffiare il posto ad Antonello!

P.V. Quale sarà il futuro di Priscilla?
A.A.: Onestamente non ne ho idea, perché per quanto ne so io, Priscilla finisce qua. Daniele Lupino ha voluto fare questo evento decennale perché crede molto nelle lunghe venture, e giustamente! Ma non so dire se ci potrà essere in un futuro una tournée, perché la tournée ti fa fare piccole piazze ed è molto più complessa e costosa. Per quanto mi riguarda io mi sto divertendo tantissimo e va bene così!
S.L.: Io spero che Priscilla abbia un futuro e spero che che prosegua la sua corsa. Non so se l’avrà con me o se l’avrà con altri, ma è uno spettacolo che sicuramente piace ancora molto al pubblico. Come il Rocky potrebbe diventare un rito collettivo, esattamente come il teatro dovrebbe essere. Quella funzione ritualistica del teatro che oggi invece sembra persa. Io dico sempre che in realtà questo pullman non è altro che un periatto, 1o strumento principe della tragedia greca, quindi un oggetto teatrale per eccellenza. Io spero davvero che abbia un futuro e che continui a girare e spero che il pubblico continui a reclamarlo e a volerlo vedere perché è uno spettacolo catartico.
M.R.: Secondo me è uno spettacolo che non deve finire qui anche perché ormai è diventato un cult. E poi sono sicuro che anche il pubblico del futuro avrà bisogno dei meravigliosi colori di Priscilla!