LA STORIA DEL SISTINA TRA TEATRO E TV
di Ilaria Faraoni – in alto foto di Antonio Agostini
Pippo Baudo ed Enrico Montesano, una coppia di mostri sacri dello spettacolo insieme sul palco per celebrare LA coppia per eccellenza della commedia musicale: Garinei e Giovannini. Massimo Romeo Piparo, al suo secondo anno di direzione artistica del Teatro Sistina di Roma, ha sentito il bisogno di rendere omaggio alla celebre “ditta” con “Sistina Story – Mezzo secolo di successi del Teatro stabile della commedia musicale italiana” di cui firma la regia e, con gli stessi Montesano e Baudo, anche il testo (video e presentazione in conferenza stampa QUI)
Le scene di Teresa Caruso ed i costumi di Cecilia Betona rispondono bene al connubio che si vuole riscoprire, quello di televisione e teatro che, evidente nella scelta dei due protagonisti, affonda le radici nel passato; c’è un richiamo al varietà dei tempi d’oro, stile “Milleluci” e “Il Musichiere”, perché quelli erano tempi in cui regnava l’eleganza ed il piccolo schermo si riforniva di idee e di artisti dal teatro, in particolar modo proprio dal Sistina, come è stato ricordato in conferenza stampa. Così le scene ed i costumi giocano sul bianco e sul nero. L’abbigliamento dell’ensemble, per lo più fisso, è caratterizzato di volta in volta da alcuni accessori colorati che lo diversificano, rendendolo adatto ai vari contesti. Gli abiti delle prime donne, Sabrina Marciano e Valentina Spalletta, sono uguali e monocromatici, uno tutto bianco, l’altro tutto nero, con un paio di dettagli del colore opposto: si possono definire l’uno il negativo dell’altro.
Sono le luci, invece, a colorare di volta in volta la scenografia fissa, su due livelli, dominata da due ali curve (che sembrano richiamare, forse volutamente, alcuni Festival di Sanremo) in cui risiede parte dell’orchestra, ottima, diretta dal Maestro Maurizio Abeni; l’altra parte dei musicisti è al primo piano della scena. Piparo è maestro nell’integrare elementi video con l’azione scenica ed infatti su questo livello più alto campeggiano alcuni schermi televisivi di vario formato che, di volta in volta, trasmettono loghi, foto e filmati con i grandi protagonisti (attori e spettacoli) della storia del Sistina, oppure immagini d’epoca.
L’intenzione è di raccontare, attraverso Montesano, aneddoti e dietro le quinte riguardanti i titoli e gli artisti più amati delle commedie e delle favole musicali di Garinei e Giovannini; attraverso Baudo, invece, si vuole allargare lo sguardo ad una visione del costume dei decenni attraversati, con eventi che hanno fatto da sfondo alla storia del Teatro, talvolta intrecciandosi con essa.
Allo showman televisivo si chiede principalmente di condurre la serata mantenendo il ruolo che gli è congeniale (anche se non mancano piacevolissimi interventi recitati, suonati e cantati, in puro stile Baudo); a Montesano spettano i pezzi di spettacolo puro, pur intervallati da momenti di narrazione.
Emblematico e indovinato è perciò il diverso modo in cui i due protagonisti entrano in scena, uno dall’esterno, l’altro dall’interno: Baudo è stato uno spettatore del Sistina e perciò arriva da fondo sala, dallo spazio del pubblico, percorrendo tutta la platea e stringendo le mani di chi ancora prende posto nelle poltrone; Montesano ne è stato protagonista, perciò Piparo pensa per lui un’entrata in stile grande varietà.
“Io sono il presentatore, lui il motore”: con queste parole Baudo introduce il compagno di scena.
E se il primo dà il via alle danze con un “Con orgoglio dico: signore e signori… su il sipario!”, l’altro scende la scala luminosa, che compare avanzando da un varco, sulle note de “La ballata di Rugantino”, con l’ensemble che porta sul viso maschere bianche: Rugantino, come spiega infatti più avanti Montesano, è comunemente considerato come “l’unica maschera senza maschera” [anche se va ricordato che alcuni studi hanno dimostrato che gli attori della Commedia dell’Arte di area napoletana recitavano senza maschera e che questa era rimasta solo ai personaggi “degradati”, come era in origine Pulcinella, ndr].
L’esordio di Montesano nello spettacolo è perfetto e non poteva che essere altrimenti: l’attore è in forma smagliante e per di più Rugantino è il personaggio che forse più lo identifica con il mondo di Garinei e Giovanni. [A proposito di “Rugantino” si rimanda alla approfondita analisi di Stefania Fratepietro intervistata per la rubrica My Favourite Things, ndr].
Baudo, si sa, ha classe, quella classe che purtroppo la televisione di oggi ha perso e raramente riesce a ritrovare. Il suo nome rassicura, richiama alla mente i momenti spensierati del varietà o delle trasmissioni interessanti che ha sempre proposto; la scelta di inserirlo in uno spettacolo del genere non poteva essere più giusta: solo Baudo riesce a dare quel sapore particolare che porta chi lo ascolta direttamente dentro la storia che rievoca. Riuscitissimi anche i suoi interventi al pianoforte ed il duetto con Sabrina Marciano in uno spassosissimo brano tratto da “Giove in doppiopetto”: “È più difficile il mestiere del marito” (in tv lo aveva già interpretato con la Rettore).
Quanto al testo, qua e là qualche passaggio troppo brusco da un argomento all’altro, fa desiderare un ulteriore affinamento del copione.
Una svista cronologica è inoltre stata colta dagli addetti ai lavori e dagli appassionati e riguarda il giusto ordine temporale di “Rinaldo in campo” (1961) e “Alleluja brava gente” (1970): Modugno non può essersi “scatenato” con “Rinaldo in campo” quasi a mo’ di rivalsa dopo che aveva lasciato “Alleluja Brava Gente” a causa dei dissapori con Rascel: Modugno infatti aveva vestito i panni del brigante Rinaldo (che non era un capitano borbonico) ben 9 anni prima. Forse un lapsus sfuggito a Baudo in un momento di improvvisazione, dal momento che Massimo Romeo Piparo, che ha diretto proprio l’ultima edizione di “Rinaldo in campo”, ne conosce bene la genesi e la storia.
Lo spettacolo si divide letteralmente in due: una parte (concentrata maggiormente nel primo tempo) rispecchia maggiormente il Sistina “storico”, e lo show spazia dai brani di Gorni Kramer, Trovajoli e Modugno alle imitazioni e agli aneddoti su Aldo Fabrizi, Kramer e Trovajoli stessi, Bice Valori, Mastroianni, Panelli e Fellini, il tutto contornato dalle note storiche su Papa Sisto V, sulla creazione di via Sistina e, successivamente, del Teatro.
L’altra parte, che occupa quasi tutto il secondo tempo ed anche parte del primo, è concentrata sui monologhi di Montesano che fa anche il rumorista (come non citare la sua magistrale “gallina” o la battaglia aerea?) e ripropone anche un suo personaggio famosissimo, quello della “romantica donna inglese”: chi non ricorda il tormentone “Molto pittoresco”?
Certo il pubblico si infiamma con risate e applausi e sono tirate che non si possono non apprezzare, perché Montesano, si sa, nella satira, che sia politica o di costume, arriva dritto al segno toccando tutti i punti dolenti che più stanno a cuore. Certamente, poi, “la romantica donna inglese” (nata in radio) e la satira d’attualità, erano presenti anche in spettacoli come “Beati voi” o la versione aggiornata “Malgrado tutto… Beati voi!” (diretti da Garinei) e quindi sono elementi che rientrano comunque nella storia del Sistina; tuttavia rispondono meno, almeno per una certa parte di pubblico, a quello cui comunemente si pensa se si pensa a Garinei e Giovannini, al Sistina e a Montesano al Sistina o forse, semplicemente, sono un po’ troppi rispetto al resto.
Fanno da contraltare alle risate, alla politica o alle curiosità, momenti in cui si raggiungono punti molto alti ed emozionanti, magici: basti pensare al finale del primo quadro musicale, quando arriva inaspettatamente la colomba che va a posarsi sull’unica vera sedia comparsa dopo l’uscita di quelle stilizzate della coreografia di “Aggiungi un posto a tavola”; e ancora, come non citare l’incipit di “Roma nun fa’ la stupida stasera”, quando Montesano recita i versi della canzone come se fosse il Maestro Trovajoli a leggerli per la prima volta? E ancora vanno menzionate la delicatezza della interpretazione, metà alla Fabrizi, metà alla Montesano, di “’Na donna dentro casa”, sempre tratta da “Rugantino”, e la commozione suscitata con le immagini del famoso discorso di Papa Giovanni XXIII che ispirò a Mattone la canzone “Che bella luna c’era quella sera”, inserita nello spettacolo “Beati voi!”.
D’impatto anche la poesia su Garinei e Giovannini, imperniata sull’impossibilità di pensare ad uno dei due senza l’altro; e tra gli accostamenti faceti che spiegano come da soli Garinei e Giovannini sarebbero stati “come Grillo senza vaffa”, o “come Parking senza Ludovisi” [noto parcheggio frequentato dagli spettatori del Sistina, ndr] arrivano anche quelli più profondi: “Come teatro senza sorrisi, come teatro senza poesia”.
Un po’ sbilanciati i racconti sui grandi protagonisti che hanno reso il Sistina il grande tempio e simbolo della commedia musicale che tutti conosciamo: di alcuni si fanno solo i nomi (salutati da grandi applausi), di altri si parla con più abbondanza e più di una volta (come nel caso di Fabrizi, probabilmente anche per via dell’esperienza diretta vissuta da Montesano). Tanti anche i titoli non presi in considerazione o quelli di cui si sarebbero voluti sentire più brani o qualche approfondimento.
Certo che SE “la televisione” volesse, questo spettacolo potrebbe anche essere trasformato in una trasmissione a puntate: magari un grande show del sabato sera! Da queste pagine lanciamo l’idea, non si sa mai. In fondo Il trio Baudo-Montesano-Piparo alla televisione ha dato TANTO!
Tornando allo spettacolo, all’interno del grande contenitore che è “Sistina Story” – un juke-box musical, lo ha definito Piparo – ben si inseriscono le due protagoniste femminili, Sabrina Marciano e Valentina Spalletta, brave, ironiche, romantiche, ognuna con un suo brano di punta: rispettivamente “Roma nun fa’ la stupida stasera” e “Abitare in una favola”, tratto da “Vacanze romane”; quest’ultimo pezzo assume un valore speciale per la Marciano, visto che dello spettacolo, diretto da Pietro Garinei e musicato da Trovajoli, è stata protagonista. Piacerebbe però vedere entrambe le artiste ancora più coinvolte nello spettacolo, con qualche brano o sketch in più.
Funzionali e pulite le coreografie di Bill Goodson, in linea con il sapore del varietà televisivo che si è voluto dare: la più coinvolgente è forse quella sulle note di “Lo mundo è fatto per noi” (da “Alleluja brava gente”) con i soli ballerini uomini che ritmano i movimenti con i coperchi di metallo ai piedi; la più magica è senza dubbio quella sulle note di “Smile” di Chaplin in cui, in un’atmosfera sospesa, bombetta e bastone volano in aria, quasi come in un quadro di Magritte.
Lo spettacolo si chiude con “Domenica è sempre domenica” che, tratta da “Un paio d’ali”, divenne la sigla finale de “Il musichiere”: una sorta di fermo immagine, prima che la canzone arrivi a conclusione, consente le ultime rime di Montesano, che riferendosi al Teatro, recita: “La più grande sorpresa è che riapra domattina”.
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