Catartico e commovente, Come From Away porta a Trieste il suo bagaglio di storie ordinarie e di srtraordinaria umanità.
di Prunella
La standing ovation c’è stata a tutte le quattro repliche. Spontanea. Catartica. Perché Come from away parla di solidarietà. Di gentilezza. Di generosità. Come far sentire a casa dei perfetti sconosciuti, con quel leit motiv “tu avresti fatto lo stesso”.
L’avevamo visto tempo fa sulla piattaforma di Apple Tv+ e già allora ci era piaciuto, ma dal vivo è stata tutt’altra cosa. Il musical di Irene Sankoff e David Hein ha concluso il suo tour inglese, iniziato lo scorso marzo, a Trieste, unica città nell’Europa continentale che lo ha ospitato al Politeama Rossetti dal 10 al 12 gennaio 2025.
Cento minuti per raccontare alcune delle storie di quei settemila passeggeri dirottati a Gander e in alcune località vicine come Gambo, Lewisporte, Appleton e Norris Arm, cittadine canadesi sull’isola di Terranova, quando lo spazio aereo degli Stati Uniti fu chiuso dopo l’attacco alle Torri Gemelle.
Passeggeri che venivano da tutte le parti dl mondo, partiti da varie città europee, che non capivano perché si erano fermati, senza poter scendere dall’aereo. Questi ospiti “venuti da lontano” hanno raddoppiato la popolazione locale che per cinque giorni si è prodigata a cucinare, a procurare abiti e beni di prima necessità (i bagagli erano rimasti sugli aerei), cure mediche, un posto dove dormire, invitandoli a casa propria quando le palestre, le sale pubbliche, le sale riunioni e le scuole erano ormai sold out. Gli alberghi erano stati destinati al personale di bordo.
Nessuno ha girato la testa dall’altra parte e in tempi dove siamo tenuti in ostaggio dal narcisismo, dalla maleducazione, dall’egoismo, dall’aggressività, dalla cattiveria, quello che è capitato in quei luoghi sperduti, fa venire i lucciconi agli occhi e ti fa credere che poi, noi essere umani, non siamo così male, dando ragione a Rousseau.
Sono nate amicizie. Amori. La riconoscenza di chi stato accolto si è concretizzata in una borsa di studio di un milione e mezzo di dollari e poi biglietti di ringraziamento, fiori, cioccolatini…
Si sono ritrovati dopo dieci anni e a Gander sono arrivati anche i due autori di Come from
away che hanno intervistato gli abitanti del posto e quelli venuti da lontano, ma che alla fine della loro forzata permanenza erano diventati da settemila sconosciuti, settemila familiari.
Il musical è stato messo in scena la prima volta proprio in Canada, a Oakville nel 2012: accolto in maniera entusiastica in varie città americane è approdato a Broadway cinque anni dopo, vincendo un sacco di premi, così come anche a Londra.
Abbiamo orecchiato un po’ di mugugni, la scenografia è sempre la stessa, le musiche non mi entrano in testa…
Ognuno reagisce nella sua maniera quando assiste a uno spettacolo, noi scriviamo perché ci è piaciuto. E ci è piaciuto non perché impressionati dai premi che ha ricevuto.
Il regista Christopher Ashley che avevamo apprezzato anni fa per la sua regia di Memphis, qui ha regalato teatro puro. Niente scene faraoniche, appunto, di Beowulf Boritt. Anzi una fissa, un fondale che diventa il muro del bar o la porta dell’aeroplano e pochi elementi scenici. Sedie e tavoli. Le sedie sono quelle dell’aeroplano, ma diventano quelle del bar, assieme ai tavoli, dove ci si siede, si sta in piedi cantando sulle note che sono un mix di musica folk, irlandese, spennellate da suggestioni indie e suonate da una indiavolata band. Welcome to the rock è una sferzata di energia per poi declinare nella commovente Prayer, intonata da personaggi di differenti religioni («fammi strumento della tua pace»). Aggiungiamo che il suono grazie a Gareth Owen era ottimo.
E poi gli attori. Tutti perfetti. Che interpretano più personaggi, alcuni realmente esistiti, come il sindaco di Gander, Claude Elliot, impersonato da Nicholas Pound (a Trieste anni fa in Cats); o la giornalista locale, Janice Goudie (Natasha J Barnes) al suo primo giorno di servizio che declinerà l’invito di Oprah Winfrey di lavorare per lei o ancora Beverly Bass (interpretata dalla bravissima Sara Poyzer, anche lei anni fa a Trieste in Mamma mia!), il primo capitano donna dell’American Airlines che, nella canzone Me and the Sky racconta la sua carriera nell’aeronautica.
Il tutto irrorato dal disegno luci di Howell Binkley che ben sottolineava momenti drammatici o corali divertenti, declinandolo anche in funzione psicologica quando a parlare erano i singoli personaggi e poi, come si sa, vedere bene significa capire bene.
Il libretto è scritto in maniera superlativa e intreccia tante storie che vengono riprese nella narrazione con una regia serrata. C’è quella ancora di Hannah O’Rourke (Bree Smith), madre di un pompiere a New York disperata per la mancanza di notizie del figlio che diventerà amica dell’insegnante Beulah Goudie (Sorelle Marsh); quella della responsabile del rifugio per animali, Bonnie Harris (Rosie Glossop) che si prenderà cura di cani, gatti e due scimpanzé bonobo che si trovavano nella stiva. La femmina bonobo era incinta e per lo stress perderà il piccolo, arrivata poi a destinazione in uno zoo americano, rimarrà di nuovo incinta e darà alla luce un cucciolo che verrà chiamato Gander. Ma c’è anche Ali, uno chef arabo che alla partenza da Gander verrà perquisito davanti a una donna, senza nessun rispetto per la sua religione, mettendo in luce quella fobia che è lievitata nei confronti dei musulmani a partire dal 2001.
C’è bisogno di storie belle. Di parole che perforino i nostri cuori. C’è bisogno di ricordare che il dovere dell’ospitalità è il muro portante della civiltà occidentale. Ne parla l’Odissea e Gesù dice, «ero straniero e mi avete accolto”.
Ecco perché le standing ovation ovunque il sipario si alzi su Come from away. Siamo stati fortunati ad averla avuta a Trieste, peccato che il pubblico è stato anemico, perdendo un’occasione davvero preziosa.