Anastasia commuove il pubblico triestino e si prepara a conquistare l’Italia
di Prunella
Alla maniera anglosassone, il musical Anastasia è stato in preview a Trieste, ospite nella Sala Assicurazioni Generali del Politeama Rossetti dall’11 al 15 dicembre, in attesa della prima nazionale il 25 dicembre al Teatro Arcimboldi di Milano (fino al 12 gennaio 2025). L’aroma del successo ha contagiato la città. Tutto sold out e repliche con un pubblico in delirio.
Alla prima ci sono stati un po’ di problemi tecnici, alcuni palesi (un microfono che non funzionava), altri evidenti solo agli addetti ai lavori (come le proiezioni, ridotte a due e non a quattro, dei fantasmi del passato che volteggiano aerei), ma bisogna anche dire che dopo l’anteprima di settembre a Montecatini Terme, tre mesi di stop e una prova nel capoluogo giuliano, il debutto è stato un ruggito di bravura. Da parte di tutti.
Produzione, Broadway Italia, quella di The Phantom of the Opera, mentre questa anteprima è stata promossa da DuePunti Eventi.
Il musical di Broadway è di sette anni fa e si è ispirato all’omonimo film di animazione del 1997, diretto e prodotto da Don Bluth e Gary Goldman. Prima ancora c’era stata l’opera teatrale di Marcelle Maurette, adattata per il grande schermo da Guy Bolton, nell’iconico film con Ingrid Bergman e Yul Brynner.
Ricordiamo che il libretto è di Terrence McNally, le musiche sono di Stephen Flaherty e i testi di Lynn Ahrens che nella versione italiana sono state tradotti e adattati da Franco Travaglio, Ernesto Brancucci si è occupato invece delle parole delle canzoni del film d’animazione. Punto di riferimento ormai da anni a livello internazionale, Federico Bellone che firma regia, coadiuvato da Chiara Vecchi (anche coreografie) e scenografie assieme a Clara Abbruzzese.
La sorte di Anastasia Romanov è stata avvolta per anni da uno dei misteri più affascinanti del Ventesimo secolo. La diciassettenne figlia dello zar Nicola II nell’immaginario collettivo scampò alla strage di Ekaterinburg, quando i bolscevichi uccisero l’intera famiglia imperiale. Perché accadde? Perché nessuno conosceva il luogo dove si trovavano i resti dei Romanov e perché nei decenni successivi comparvero molte donne, la più famosa è Anna Anderson, che sostennero di essere Anastasia scampata. Il dubbio arse come un tizzone per anni e ispirò la letteratura fino ad arrivare al musical.
Ed ecco finalmente la versione italiana dello spettacolo, con questa storia che ancora oggi ammalia, drappeggiandoci di stupore. Tanto più che la produzione è sfarzosa. La prima scena lascia senza fiato.
Scenografia fissa, due quinte laterali ad archi che creano la sala da ballo nel palazzo di Caterina a San Pietroburgo poi la residenza distrutta, poi il comando bolscevico, poi Parigi con la torre Eiffel e il Moulin Rouge, l’interno di un locale e via dicendo.
Di grande impatto l’arrivo del treno – ricordava un po’ quello del 1886 quando in un Café di Parigi, grazie ai fratelli Lumière, una locomotiva sembrava uscire dalla pellicola raggiungendo il pubblico – che porterà Anastasia (Sofia Caselli), Dimitri (Cristian Catto) e Vladimir (Nico Di Crescenzo) a Parigi.
Il plot è quello del film d’animazione, semplificato e, al posto di Rasputin, abbiamo il bolscevico Gleb (Brian Boccuni). Una figura tragica, combattuta tra il dovere di portare a compimento l’uccisione dell’ultimo membro della famiglia imperiale e il suo amore non ricambiato per Anja/Anastasia.
Dimitri e Vladimir sono i due imbroglioni che cercano una sosia di Anastasia per incassare la ricompensa che l’imperatrice madre (Carla Schneck) offre a chi le riporterà sua nipote. La bravura degli interpreti conversa con la capacità di Bellone per una regia serrata, che alterna momenti malinconici, a quelli divertenti, a quelli che ti fanno sognare a occhi aperti per l’happy end. Una regia pensata in maiuscolo contrappuntata dalla musica dal vivo – a dirigere un’affiatata orchestra, Giovanni Maria Lori – e che ha fatto risuonare delle hit come Quando viene dicembre, Cuor non dirmi di no (ricordate l’edizione della cantante Tosca?), ma anche la bellissima Voci a San Pietroburgo.
Oltre al packaging inappuntabile, impreziosito dalle luci di Valerio Tiberi (Emanuele Agliati è il light designer associato), tutti gli interpreti hanno trasudato capacità vocali e presenza scenica.
Sofia Caselli, scelta per il ruolo dal regista, è al suo debutto ed è un’Anastasia come ce la possiamo immaginare. Determinata. Volitiva. Fragile. Commovente. Voce cristallina senza sbavatura anche quando deve correre o ballare.
Accanto alla Caselli c’è Cristian Catto, vale a dire Dimitri, un orfano che ha dovuto arrangiarsi. Per lui la vita è tutta polpa da mordere; da affarista simpatico, il suo viso incomincia a tradire il dubbio, ma Anja è forse veramente Anastasia? fino a innamorarsi di lei. Ottimo interprete e solido vocalmente. Non dimentichiamoci però dell’altro imbroglione, Vladimir cioè Nico De Crescenzo, un fuoco d’artificio oratorio che assieme alla contessa Lily (Stefania Fratepietro), regala momenti da cocktail mondano.
Gleb è Brian Boccuni. Voce che ti sfregia dentro, presenza scenica, un cattivo perfetto. L’imperatrice Maria, Carla Schneck è una disillusa, ma alla fine arrendevole nonna che abbraccia la nipote.
Attorno ai protagonisti turbina un ensemble in ottima forma, che di volta in volta, sfoggia i costumi sempre azzeccati di Carla Ricotti. Il pubblico si è commosso. Ha applaudito e si è meravigliato degli effetti speciali di Paolo Carta, come la neve soffice che si è adagiata sui capelli sulle spalle e sugli occhiali soprattutto di chi sedeva nelle prime file di platea.
Per onor di cronaca dobbiamo dire che la fonica, come da tradizione italiana, purtroppo, è troppo sparata, ma Poti Martin avrà tutto il tempo per calibrarla.
Successo incontrastato.
Dopo Trieste e Milano, Anastasia è programmata all’Alfieri di Torino dal 12 al 16 marzo; al Brancaccio di Roma dal 10 al 13 aprile e al Nelson Mandela Forum di Firenze dall’8 all’11 maggio.