Amalfi il musical: il mix perfetto tra spettacolo e imprenditoria
Amalfi il musical è, prima di tutto, la storia di una brillante iniziativa teatral-imprenditoriale.
Ario Avecone ha infatti scritto e composto un resident show che da cinque anni fa regolarmente il pieno per tutta la stagione estiva in quel gioiello dichiarato Patrimonio dell’Umanità che è la più meridionale delle nostre Repubbliche Marinare. Ha saputo dosare con intelligenza e lungimiranza gli ingredienti cominciando dalla colonna sonora che per sonorità e struttura rimanda all’opera-pop francese (nicchia importante nel panorama del teatro musicale italiano considerato la presa che ha anche sul pubblico non abituato ad andare a teatro), in cui si intuiscono però anche dimestichezza e familiarità con la complessità e gli stilemi del musical di vocazione anglosassone. Ha poi scritto un libretto accattivante che unisce due filoni narrativi distinti, mutuati dalla storia amalfitana: la dichiarazione di indipendenza dell’839 e -con una piccola forzatura temporale- la vicenda di Giovanna d’Aragona, adattata e romanzata (corredandola di lieto fine), resa contemporanea agli avvenimenti narrati nello spettacolo.
Come accennavo in apertura Amalfi a suo modo è la riprova che questa quadratura arte-imprenditoria è effettivamente possibile, purché chi opera sia deciso a non privilegiare una componente rispetto all’altra, ed è un binomio capace di offrire spettacoli che diventano un successo sia in termini di qualità che d’incasso. Perché Amalfi il musical, esattamente così com’è, è perfetto per il luogo ed il contesto per cui è stato pensato e composto, e i risultati lo provano.
Oltre 300 repliche, 120 solo nell’estate di quest’anno, divise tra l’Arsenale medievale, in cui è resident show (e nel quale viene rappresentato mercoledì e sabato), e alcune prestigiose location nel territorio della costiera dove ormai lo spettacolo è diventato una tradizione (ho colto una certa poesia nel vedere come, durante il promo allestito ogni giorno sulla scalinata dello spettacolare Duomo, i turisti ascoltassero rapiti le voci degli attori impegnati a interpretare una piccola selezione dello spettacolo, mentre i commercianti e i camerieri dei bar che affacciano sulla piazza si soffermassero e unissero le voci nel coro finale).
Il cast dell’edizione 2016 è composto da alcuni veterani di Amalfi e da alcuni attori selezionati da una audizione nazionale a inizio stagione. La replica a cui ho assistito vedeva nel ruolo di Antonio lo stesso autore Ario Avecone, grande voce assolutamente a proprio agio in una partitura decisamente non facile, e poiché nel ruolo di Giovanna si alternano Myriam Somma e Martina Cenere, il caso ha voluto che potessi sentire la prima nel lead role mentre la seconda era “di turno” come dama di compagnia. Interessante l’intensa presenza scenica di Somma che tuttavia spingeva un po’ troppo su una interpretazione “di maniera”, e voce agile e potente di Cenere, evidente malgrado il ruolo secondario.
Michelangelo Nari è ancora una volta fedele al ruolo dell'”amico” ma in questo caso, forse più di altri personaggi interpretati in passato, il suo Carlo gli richiede uno sforzo attoriale che supera brillantemente. Jacopo Siccardi presta il volto ad Ottavio e Giovanni De Filippi a Sicardo, l’immancabile “cattivo” della storia. Decisamente presenti entrambi nelle rispettive parti grazie alle indiscutibili doti canore pur se i loro personaggi sono forse quelli che maggiormente patiscono una certa bidimensionalità caratteriale. Il fratello di Giovanna infine, il cardinale Luigi è, fin dal debutto, Vincenzo Oddo che al proprio ruolo porta in dote la sua esperienza di attore di prosa. Non erano invece in scena nella replica a cui ho assistito né Antonio Melissa (alternate per Antonio) né Nuccia Paolillo (Livia). Mi rammarico di non poter quindi che semplicemente citare Melissa, ma almeno nel caso di Paolillo posso dire di averne molto apprezzato, nella colonna sonora in vendita come merchandising, la potenza e l’ottima vocalità. Un plauso speciale infine va a Siccardi e a tutti gli attori della Compagnia per l’uso di grandi spade in spettacolari combattimenti coreografati.
La visione imprenditoriale che ha fatto nascere Amalfi potrebbe a breve trasformarsi e mirare a declinarlo in un musical teatrale già nella stagione 2017-18. Fermo restando che nel caso si tratterà di uno spettacolo ovviamente diverso da quanto attualmente viene messo in scena oggetto della presente recensione, credo molte premesse già ci siano e siano buone. Certo: qui la drammaturgia è semplificata al massimo, la struttura della storia corre lineare, le dinamiche e le intenzioni dei caratteri non sono approfondite ma solo accennate e questo permette anche al pubblico dei turisti stranieri (estremamente numerosi) di seguire le vicende e le canzoni con l’aiuto di grandi schermi che forniscono una traduzione simultanea in diverse lingue (inglese, francese, tedesco, spagnolo e giapponese). Portarlo in tournée significa dover riscrivere la drammaturgia fornendo spessore e dinamiche reali ai personaggi, e in qualche caso forse ritoccare la retorica di alcune liriche. Ma la storia è avvincente, la colonna sonora, già di tutto rispetto, necessiterebbe solo di uno e due brani “simbolo” e “singolo” che la rendano commercialmente ancora più appetibile e l’autore/compositore è un artista appassionato e competente che in maniera lucida sa di aver creato un’intelligente macchina da guerra adatta all’hic et nunc, ed allo stesso tempo è un uomo di spettacolo conscio del percorso necessario per rendere Amalfi adatto a un “mercato” diverso che magari potrebbe anche essere non soltanto italiano.
Per cui, malgrado la perplessità iniziale all’idea che si “tocchi” un prodotto già valido così mi sento ottimista, e anche se mi rendo conto che a parlare è un malinteso senso di bandiera, mi piacerebbe proprio che qualcuno dimostrasse ai signori francesi che l’opera-pop non è affatto detto debba essere solo competenza loro.
La fiera Repubblica di Amalfi 1177 anni dopo la sua fondazione potrebbe quindi presto tornare a sfidare l’egemonia straniera e a conquistarsi il suo posto nel mondo, foss’anche sul palcoscenico invece che in mare. Ed io, vi dirò: ne sarei felice.