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REVIEW – AN AMERICAN IN PARIS

Cesare Zucca 12 Luglio 2015 4 min read

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Broadway danza!

AP 1di Cesare Zucca – foto di Angela Sterling

Tratto dall’omonino film del 1951, diretto da Vincent Minnelli e interpretato dai leggendari Gene Kelly e Leslie Caron, approda finalmente a Broadway il nuovo musical An American in Paris.

La storia ci porta a Parigi, poco dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale.

Jerry Mulligan, un soldato americano che, nonostante le finanze piuttosto scarse, così come il suo francese, decide di restare in città. Qui trova due nuovi amici: il musicista-compositore Adam e il cantante jazz Henry. Il punto di ritrovo dei tre è un club dove Adam strimpella il piano e Henry si esibisce nel suo repertorio canoro. 
Anche Jerry ha talento artistico, dipinge ed è bravissimo nel ritrarre le cose e le persone che gli girano intorno. Adam, che sta scrivendo la musica per un nuovo balletto, lo invita a eseguire degli schizzi delle ballerine, durante le prove.
Tra queste c’è Lise Dassin, una ragazza dolce, sensibile e molto e attraente. Tra lei e Jerry sboccia un’appassionata storia d’amore.
A complicare le cose inteviene Milo Davenport, ricca collezionista d’arte moderna. Milo circuisce Jerry, gli promette una brillante carriera, lo convince a trasferirisi a casa sua e a abbandonare Lise. Jerry accetta e Milo non tradisce le promesse, introduce Jerry nel mondo dell’arte e organizza la sua prima mostra, ma gli è sempre incollata addosso. Jerry realizza che la sua relazione con Milo è puro interesse e cerca nuovamente di incontrare Lise.
In uno spettacolare pas de deux i due si ritrovano e capiscono che il loro amore è ancora vivo. Ma le sorprese non sono ancora finite. Lise rivela a Jerry il suo segreto: durante la guerra, è stata salvata da Henry e, riconoscente, ha promesso di diventare sua moglie. Ma Henry, resosi conto che Lise ha accettato di sposarlo solo per gratitudine, la lascia libera.
Lise potrà tornare tra le braccia di Jerry.

AP

An American in Paris segna alcuni debutti illustri nel mondo di Broadway a cominciare dai protagonisti. Robert Fairchild (Jerry), primo ballerino del New York City Ballet e Leanne Cope (Lise) del Royal Ballet di Londra. Pensate: due ballerini professionisti che si sono cimentati in recitazione e canto, uscendone da veri trionfatori. Mentre a Fairchild sono affidate molte canzoni, la Cope ne canta solo una, la famosissima “The Man I Love” che interpreta con tale sensibilità ed emozione da scatenare un lunghissimo applauso.

Debutto clamoroso anche per Christopher Wheeldon, coreografo del Royal Ballet, che si è avventurato nel mondo del musical nella veste di regista, riuscendo a portare in scena uno spettacolo orchestrato con ritmo e bellezza.

Forse il compito pià arduo è toccato a Craig Lucas, autore dei testi. Non è facile concepire dialoghi per uno spettacolo dove la danza e la musica sono gli elementi più importanti e, a mio parere, Lucas è scivolato verso luoghi comuni e soluzioni abbastaza scontate. Da una certa caricaturizzazione dei personaggi ai bisticci delle traduzioni dall’ inglese al francese con i conseguenti ed inevitabili giochi di parole.

AP 3339

Enorme applauso allo scenografo e costumista Bob Crowley, premiato con un meritatissimo Tony Award. I continui cambi delle scene, affidati talvolta a quinte e specchi manovrati dagli attori e le proiezioni in bianco e nero, sembrano coreografare musica e danza. Uno dei momenti più spettacolari è quando la scena si trasforma improvvisamente nel palco del teatro Radio City Hall al ritmo di “I’ll Build a Stairway to Paradise”.

Anche i costumi seguono e colorano la storia. Da una palette cupa che riflette l’atmosfera del dopoguerra ad un’esplosione di colori alla Mondrian nel balletto finale che vede i due protagonisti riuniti. Belle le luci disegnate da Natasha Katz, in perfetta sintonia con le proiezioni e premiate con un altro Tony.

Infine le musiche di Gershwin, riarrangiate con garbo da Rob Fisher. Una vera compilation di successi leggendari come “I Got Rhythm”, “’S Wonderful”, “But Not For Me”. Notevoli i brani orchestrali che musicano alcuni balletti, tra cui Il “Concerto in F” e la “An American In Paris Rapsody”.

Tra il cast, spiccano tutti i componenti del corpo di ballo, grandi professionisti che provengono dalle migliori compagnie di danza americane e inglesi e che qui sono impegnati anche nel canto e nella recitazione. Per finire, una nota “italiana” che ci riempe di orgoglio: Gloria Grace Alanis (messicana di origine e italiana di adozione) è nel cast quale produttrice associata assieme al suo consulente e produttore esecutivo Fabrizio Carbon (già Presidente del Teatro delle Erbe e del Teatro Derby). Congratulations!

Come definire An America in Paris? 
Uno splendido musical e sopratutto uno dei più sensazionali spettacoli di danza mai apparsi sulle scene di Broadway.

Tags: an american in paris Christopher Wheeldon Craig Lucas gene kelly Leslie Caron Vincent Minnelli

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