Il mondo del musical italiano si “mette a nudo” per una buona causa con Italy Bares
di Lucio Leone – foto di Daniele Barraco
E così anche da noi arriva finalmente la versione italiana di uno spettacolo nato nella Grande Mela per raccogliere fondi destinati alla lotta all’Aids. Il nome, necessariamente, è stato adattato: quel Broadway Bares che nel 1992 è nato per volere di Jerry Mitchell (regista e coreografo vincitore di due Tony Awards, per La Cage aux Folles e Kinky Boots, ndr), è diventato per forza di cose Italy Bares, perdendo nella trasvolata oceanica il riferimento diretto al mondo del musical, sostituito da una componente nazionalistica.
Poco male, leggendo i nomi del team creativo e del cast artistico è evidente come una buona parte del mondo del teatro musicale nostrano sia direttamente coinvolto e abbia per l’appunto inteso fare qualcosa di utile e importante, e del resto non abbiamo, ahimè, un termine che possa anche lontanamente essere paragonato per suggestione e contesto alla Great White Way, la strada più famosa del mondo, la vera capitale dello spettacolo.
Rimane però la seconda parte del nome/marchio, quella che contraddistingue questo evento rispetto agli altri in qualche modo a lui collegati (facenti parte della stessa organizzazione senza fine di lucro, la Broadway Cares/Equity Fights AIDS). Alle performance miscast di Broadway Backyard, alle aste di beneficenza, ai cappelli “fuori di testa” dell’Easter Bonnet (che dire? speriamo che a qualcuno venga in mente di portare anche quello. Pagherei per vedere cosa si inventano i nostri produttori e registi per battere gli avversari e pagherei anche di più per leggere i commenti di Carlo Mati su quei cappelli), Broadway Bares risponde con corpi statuari e leggerezza, uno show di burlesque in cui fisici scolpiti da ore e ore di danza vengono proposti come vere e proprie opere d’arte, accompagnate da grandi voci, una vera e festosa celebrazione del genere musical.
Al meritorio richiamo della coppia Mauro Simone (regia) e Giorgio Camandona (direttore artistico e ideatore del progetto) hanno così risposto molti loro amici e colleghi: Guglielmo Scilla, Diego Passoni, Jonathan Bazzi e Francesca Taverni. E poi Elena Nieri e Antonio Torella (direzione musicale), Anna Rita Larghi, Alessandra Costa, Mauro Savino, Luca Magnoni, Lynn Jamieson, Manuel Frattini (coreografie), Elisabetta Tulli, Matteo Volpotti e Michael Anzalone (dialoghi, liriche, adattamenti), oltre a Luigi Allocca, Giulio Benvenuti, Gianmarco Capogna, Martina Ciabatti, Alessandra Costa, Laura Fiorini, Gabriele Foschi, Jessica Lorusso, Giulia Maffei, Roberta Miolla, Marco Rigamonti, Nadia Scherani, Davide Talarico, Cheope Turati, Andrea Verzicco, Gabriele Virgilio e la compagnia Plasmon.
L’intero incasso del doppio spettacolo, che andrà in scena al Teatro Principe di Milano il 12 ottobre alle 17 e alle 21, sarà devoluto alle sezioni di Lombardia e Liguria di ANLAIDS a sostegno del progetto Io(C’)Entro.
I have a dream diceva Martin Luther King. Io, pensando a Italy Bares, di sogni ne avrei due: il primo è che non si prenda sottogamba l’importanza di questa e di altre iniziative meritevoli limitandosi a considerarne l’aspetto ludico e/o piccante: le solide natiche di Tizio (metteteci il nome che volete), il pettorale generoso di Caio (idem) le voluttuose rotondità di Sempronia (eadem), sono di sicuro un ottimo motivo per mollare divano e telecomando, ma vanno pensati come la punta dell’iceberg, sarebbe ingeneroso e fuorviante limitarsi a quello visto che tutti gli artisti citati offrono per una buona causa tempo e talento, non solo centimetri di pelle.
Il secondo è che non sia un tentativo abortito del settore di fare squadra che rimarrà un caso isolato, magari allargando in futuro a tanti altri “nomi” del musical italiano così spesso diviso in tribù oppure pensando ad altre e diverse iniziative di beneficenza.
L’assistenza ai malati e la ricerca scientifica, qui come negli States, hanno costantemente bisogno di fondi, e se il primo Broadway Bares raccolse nel 1992 8.000 dollari, l’ultimo – in ordine di tempo – dello scorso giugno più di 2 milioni, mentre i cappellini “scemi” dell’Easter Bonnet addirittura tre volte tanto. Soldi che, è bene ricordarlo, copricapo dementi, natiche, pettorali e tette hanno fatto arrivare alle associazioni che si prendono cura delle persone affette da Hiv in un Paese dove l’assistenza sanitaria non è per tutti. Alla faccia della leggerezza.
Per info e biglietti in prevendita visitare www.ticketmaster.it/artist/italy-bares-la-prima-volta-biglietti/1015189